Inchini, picchetti, guanti bianchi ed altre perversioni che ti consiglio di evitare se vuoi commemorare correttamente un tuo caro.
Ho notato in questi ultimi anni un proliferare di atteggiamenti alquanto insoliti da parte di impresari funebri che nel tentativo di rendere più importante il loro servizio e di differenziarsi dalla concorrenza hanno cominciato a mettere in pratica (spesso in maniera goffa) comportamenti che poco hanno a che vedere con la liturgia funebre, con le nostre tradizioni e con i significati che questi gesti veicolano.
Finora mi sono limitato ad osservare e a cercare di capire se questi comportamenti avessero un senso o un’utilità nella commemorazione di una persona che viene a mancare e nella successiva elaborazione del lutto da parte dei congiunti.
Dopo aver frequentato due corsi (base e avanzato) per diventare Cerimoniere Funebre e aver studiato i rituali, la loro funzione e i significati delle parti che li compongono sono giunto alla conclusione che queste pratiche non hanno alcuna utilità e anzi, rischiano di trasformare un momento solenne come l’ultimo saluto ad una persona cara in una farsa.
Ma come siamo arrivati a queste esagerazioni?
(se vuoi saltare questo excursus storico vai direttamente al paragrafo “L’essere diversi pur di essere diversi”)
Storicamente nessuno voleva fare il mestiere di impresario funebre.
I primi che si sono messi a fare questo lavoro nella maggioranza dei casi erano persone con pochissimi scrupoli e tantissimo pelo sullo stomaco.
Nessuno voleva avere a che fare col dolore degli altri, nessuno voleva portarsi a casa le sofferenze dei congiunti.
Questi personaggi facevano questo mestiere spesso monopolizzando una zona, rafforzandosi corrompendo ed intrallazzando, badavano al denaro e non avevano alcun interesse a stabilire rapporti empatici con le famiglie, anzi, la loro totale mancanza di empatia era proprio il loro punto di forza.
Si era creata addirittura la credenza che solo persone del genere potessero svolgere questo mestiere e che una persona “normale” non potesse lavorare reggendo situazioni psicologicamente molto pesanti, come servire una famiglia che ha perso un figlio.
Per questo 20 anni fa quando ho cominciato a dare una mano nell’azienda di famiglia non capivo perché ci trattassero come degli appestati.
Se andavamo al bar, l’accoglienza era una totale mancanza di rispetto nei nostri confronti, tra battutacce e scongiuri.
Quando venivamo chiamati a casa delle famiglie che avevano appena perso un loro caro, ci trattavano con una gentilezza un po’ forzata, come se fossimo un male necessario, una rottura di scatole inevitabile, tipo un esattore del fisco.
Per me era strano ed incomprensibile all’inizio, pensavo dentro di me “ma che colpa ne ho io?”
Poi mi sono guardato intorno e ho visto che i becchini erano veramente “becchini” e che non godevano del rispetto delle persone perché non lo meritavano, perché per primi non avevano rispetto per il dolore delle persone.
Se la raccontavano e se la ridevano appena fuori dalla camera mortuaria, non avevano compostezza, non avevano nessuna delicatezza nei confronti del defunto e dei suoi cari, bevevano e bestemmiavano durante le cerimonie…
Sai che io rappresento la quarta generazione della dinastia dei Cipriani impresari funebri e magari ti starai chiedendo: ma anche tuo bisnonno era così?
Onestamente non lo so, di sicuro alcuni i suoi dipendenti lo erano, ma non me la sento di fargliene una colpa.
Purtroppo era molto difficile trovare persone da assumere, in quegli anni di boom economico in cui c’era lavoro per tutti, le persone “normali” preferivano un lavoretto in posta o in ferrovia piuttosto che avere a che fare con la morte e con il dolore delle persone.
I suoi dipendenti erano persone senza scrupoli perché non c’era di meglio in quel momento.
Alcuni di loro si sono messi in proprio ed hanno continuato per decenni ad importunare i congiunti nelle camere mortuarie o a corrompere gli infermieri per farsi mandare i dolenti o per farsi dare l’indirizzo del defunto, tanto che ad un certo punto era normale per una famiglia che aveva perso un componente trovarsi gli addetti dell’impresa funebre davanti a casa per proporre i loro servizi.
Non sto né scherzando né esagerando.
Quindici anni fa mi ricordo benissimo che ci ha telefonato una persona dicendo “com’èa che non si gnancora qua???” (come mai non siete ancora venuti qui?), questo signore aveva perso un famigliare ed era parecchio alterato perché non eravamo andati a casa sua.
Non capivamo se c’era stato un malinteso, se avesse chiamato un’altra impresa e non si erano presentati, se aveva chiamato noi ma chi aveva ricevuto la telefonata non aveva capito l’esigenza di queste persone.
Poi ci ha spiegato che non aveva chiamato nessuno perché era convinto che ci saremmo presentati direttamente a casa sua, perché è usanza che le imprese funebri appena ricevono la notizia (da chi e in che modo è meglio non approfondire) vadano a casa dei parenti del defunto senza essere chiamati.
Ti rendi conto?
Questa pratica così spregevole era talmente in uso da essere considerata la normalità.
Io non avrei mai e poi mai la faccia tosta di andarmi a proporre ad una famiglia senza essere stato interpellato per farmi incaricare di svolgere le esequie, né in ospedale né tantomeno a casa loro.
E neanche mio nonno e mio zio prima di me non hanno mai fatto queste porcherie, per questo i concorrenti negli anni ’90 grazie alla loro slealtà avevano accumulato così tanto vantaggio e ricchezza.
Quindi mentre i nostri concorrenti si procuravano il lavoro in questa maniera orribile e scorretta, noi abbiamo cominciato ad investire in miglioramento del servizio e a coltivare rapporti sani ed empatici con le persone che ci sceglievano per onorare un loro caro.
Poi un po’ alla volta le persone hanno cominciato a mandar via in malo modo chi si permetteva di suonare il campanello, fintantoché le imprese che usavano questa pratica per accaparrarsi i servizi hanno dovuto smettere, continuando però ancora per molti anni a fermare i dolenti in camera mortuaria.
In poche parole non prosperavano grazie alla loro bravura, professionalità e cura nei confronti del defunto e delle persone a lui vicine, ma grazie al sotterfugio, allo sciacallaggio, alla corruzione, alla sfacciataggine.
Per questo il loro servizio per molti anni è rimasto scadente, superficiale e poco rispettoso.
Molti impresari in quegli anni si sono arricchiti. E cosa succede spesso quando uno poco istruito e con pochi scrupoli si arricchisce? Che invece di ri-investire per mantenere l’azienda in salute, aggiornata ed efficiente, visto che grazie al sotterfugio, allo sciacallaggio e alla corruzione lavora lo stesso, spende i soldi che guadagna per sé stesso e per la sua famiglia, possibilmente ostentando in modo poco elegante la propria ricchezza.
Capitava quindi frequentemente di vedere l’impresario comprare l’ultimo modello di Mercedes per sé ed usare un’autofunebre decrepita per i funerali.
Questa ostentazione di ricchezza ha attirato però l’attenzione di altre persone in cerca di rivalsa, che hanno cominciato ad aprire nuove aziende funebri, in concorrenza con quelle già affermate.
È così che dal 2000 al 2010 le imprese funebri in Italia sono raddoppiate, mentre il numero dei decessi è rimasto lo stesso.
Questo ha portato sicuramente molti benefici alle famiglie, che nel momento della perdita di un caro hanno avuto più scelta.
Inoltre questa nuova e maggiore concorrenza ha cominciato a contrastare (per quanto possibile) il malaffare negli obitori, facendo in modo che si aprissero indagini che a volte hanno portato ottimi risultati:
Smantellati cartelli agenzie funbri a Bologna: 30 arresti
Racket dei funerali: presi 41 infermiei e impresari
Questa concorrenza ha anche costretto le varie aziende a migliorarsi, visto che ognuno tentava di offrire un servizio migliore a prezzi sempre più bassi.
Oggi purtroppo siamo arrivati ad avere TROPPA concorrenza (ne ho parlato più volte in vari articoli del blog, come questi:
Funerali Low Cost: ecco la trappola del prezzo che devi assolutamente evitare
(Il miglior servizio al miglior prezzo è morto), con le perversioni che questa situazione comporta.
Così oltre a vedere offerte low cost molto pericolose e nuovi operatori che si improvvisano impresari funebri senza un minimo di esperienza, ci troviamo oggi ad assistere ad un nuovo fenomeno:
L’essere diversi pur di essere diversi:
Probabilmente questi comportamenti assurdi da parte di questa nuova ondata di dilettanti allo sbaraglio nascono da un’errata interpretazione del concetto di differenziazione che spesso si sente nominare nell’ambito del marketing.
Sono il primo a sostenere che bisogna offrire qualcosa di diverso rispetto alla concorrenza, che sia nei prodotti, nel metodo, nel servizio, ma deve essere sempre una differenza rilevante e utile nei confronti del cliente.
Quelle che invece sto per raccontarti sono differenze fini a sé stesse, che non portano alcun reale vantaggio alle famiglie che perdono un loro caro.
Sono solo inutili esasperazioni ed esagerazioni che spesso scadono addirittura nel ridicolo e che dimostrano ignoranza su come ci si comporta, come ci si presenta e in cosa consiste il nostro mestiere.
Di seguito troverai una lista delle cose che, alla luce della mia esperienza e dei miei studi, posso tranquillamente affermare che non vanno bene.
Premessa: sarò SPIETATO, perché comincio ad essere stanco di queste pagliacciate ed è ora che molti personaggi si diano una bella regolata e comincino a svolgere con un minimo di dignità questo mestiere così denigrato.
Cominciamo:
I GUANTI BIANCHI:
Ho visto alcune imprese svolgere il loro servizio durante le esequie indossando dei guanti bianchi.
Per carità, sto parlando di un dettaglio e mi rendo conto che non è così importante, la mia opinione (condivisa anche da diversi sacerdoti) è che siano più indicati per le spose che per i becchini.
Al di là di questa opinione, che può essere condivisa o no, rimane il fatto che c’è modo e modo di usare questo accessorio.
Se proprio si vogliono indossare andrebbero abbinati ad una livrea simile a quella che vediamo indossare ai maggiordomi nelle corti regali, cioè, l’unico abito che consente questo abbinamento è il FRAC.
Vuoi indossare i guanti bianchi? Bene, ti devi mettere il FRAC!
Se invece usi dei pensionati presi dal torneo di briscola come portantini e gli metti un abito blu con la cravatta a righe e le scarpe antinfortunistiche, beh, lascia perdere i guanti bianchi.
Dimostri solo di essere ignorante su come ci si veste e come ci si comporta e di voler strafare.
PICCHETTI:
Un’altra perversione a cui ho assistito è quella dei picchetti, cioè il voler prendere alcuni usi delle cerimonie militari (sono stato 10 mesi nella Banda della Brigata Artiglieria Controaerei di Padova e in quei mesi non ho fatto altro che prove e cerimonie militari, quindi so bene quello che dico) per portarli anche nelle cerimonie funebri dei civili.
Risultato: sei o anche otto portantini immobili per ore all’interno della camera ardente vicino al defunto.
Segno di onore o presenza inquietante che non lascia un minimo di intimità ai congiunti?
In alcune zone questi picchetti sono stati tentati anche in cimitero prima della sepoltura, con il risultato di allungare inutilmente il rituale e facendo imbufalire gli addetti del cimitero, costretti ad aspettare che finisca tutta la sceneggiata, e peggio ancora il parroco, che aveva altri impegni e che invece ha dovuto attendere la fine della sceneggiata e anche i parenti, che magari avrebbero voluto arrivare finalmente alla fine delle esequie e allentare un po’ la tensione.
Risultato: il vescovo di Chioggia ha mandato una lettera a tutte le imprese della città scrivendo che ha dato ordine ai sacerdoti di abbandonare immediatamente la cerimonia nel caso l’impresa funebre si permetta di mettere in pratica picchetti o altri spettacoli che nulla hanno a che vedere con la liturgia funebre o il rispetto e l’onore nei confronti del defunto.
Io dico: ad ognuno il suo mestiere, la terra ai contadini, le cerimonie militari ai militari…
Non sto affermando che non va bene a prescindere, dico che anche qui c’è modo e modo.
Farlo sempre e comunque in tutti funerali come segno distintivo dell’azienda per dargli una caratteristica e usare questa caratteristica come elemento differenziante forzandone l’esecuzione per cercare di promuoverla non va bene.
Il picchetto va bene se (e solo se):
- è stato concordato con i parenti;
- non crea disagio al parroco o agli addetti della camera mortuaria o del cimitero; sono persone che svolgono il loro lavoro e non va bene approfittare del loro tempo e della loro pazienza;
- viene fatto in maniera seria e rispettosa, coerentemente con la storia e la personalità del defunto e curando bene l’esecuzione e i dettagli;
INCHINO:
L’inchino è gesto di RIVERENZA.
Copio e incollo direttamente dal dizionario:
“riverenza”
[ri-ve-rèn-za] s.f.
1 Sentimento di profondo rispetto che si prova per una persona di cui si riconosce l’autorevolezza o per una cosa considerata di grande valore morale, culturale ecc. SIN ossequio, deferenza: ispirare r.; l’antichità e la bellezza dell’edificio suscitano un senso di r.
2 Inchino fatto in segno di deferente saluto: fare la r.”
Alla luce di questa definizione, la domanda è: è giusto che i portantini dell’impresa funebre si inchinino di fronte alla bara di ogni defunto?
La mia opinione è negativa.
Certamente il nostro mestiere è ONORARE il defunto, ma un gesto di riverenza così forte va riservato solamente a “una persona di cui si riconosce l’autorevolezza”, come scritto nel dizionario.
Se l’inchino viene fatto sempre e comunque in tutti i funerali, sia verso chi si è distinto per particolari meriti, sia per chi non ha combinato nulla di buono nella sua esistenza, perde completamente il suo significato.
Per quanto possiamo voler bene a Nonna Norma e per quanto fosse brava a fare le lasagne fatte in casa, dedicargli gli inchini durante il funerale mi sembra forzato e fuori luogo.
Non siamo in Giappone, non fa parte della nostra cultura inchinarsi di fronte a chiunque.
Il rispetto va portato a tutti i defunti, a i loro famigliari e al loro dolore.
La riverenza è una cosa diversa, bisogna riservarla solo a chi ne è veramente meritevole.
In più c’è modo e modo: c’è molta differenza tra accennare un gesto con la testa ed esagerare in modo teatrale un inchino piegando tutta la schiena.
Inchinarsi in modo plateale di fronte ad ogni defunto è sicuramente un modo per distinguersi dalle altre imprese funebri, ma per quanto mi riguarda non lo è in positivo.
L’avevo premesso che sarei stato spietato: inchinarsi davanti ad un defunto di cui non si sa nulla, non si sa se ha fatto del bene o del male, se è stato meritevole o no, solamente per mettersi in mostra è un gesto ipocrita.
Scrive il Dr. Antonio Giangrande, Presidente dell’Associazione Contro Tutte le Mafie:
“L’italiano è stato da sempre un inchinante ossequioso. Ti liscia il pelo per fottersi l’anima. Si inchina a tutti, per poi, un momento, dopo tradirlo. D’altronde ognuno di noi non si inchina a Dio ed ai Santi esclusivamente per richieste di tornaconto personale? Salute o soldi o carriera?”
Bisogna stare attenti a chi dispensa inchini a destra e a sinistra…
BACIO AL DEFUNTO:
Questa è una pratica che mi ha INORRIDITO.
Ho visto con i miei occhi un impresario funebre baciare i defunti prima di effettuare la chiusura della cassa.
Per prima cosa: MA COME TI PERMETTI?
Tralasciamo l’aspetto igienico (l’impresario funebre dovrebbe sapere che il defunto già dopo poche ore, non avendo più difese immunitarie diventa un covo di batteri, tant’è che qualsiasi operatore che veste, pulisce o sposta i corpi usa guanti in lattice, traversoni usa e getta e se necessario anche mascherine per la bocca e queste prescrizioni vengono date in qualsiasi corso sulla sicurezza obbligatorio che i lavoratori del nostro settore sono tenuti a frequentare), se uno vuol rischiare la propria salute è libero di farlo.
Da un punto di vista sociale è un gesto INACCETTABILE.
Probabilmente i parenti che si trovano ad assistere a questa scena sono talmente scossi dal dolore e talmente impreparati a questa scena che nemmeno si rendono conto di quanto sia assurdo e inappropriato questo gesto.
In passato, nell’antica Roma, era previsto nel cerimoniale che uno dei famigliari baciasse il morente per raccoglierne l’ultimo respiro.
Il morente, non il morto, e un famigliare, non l’impresario funebre.
Questo gesto aveva un motivo religioso e liturgico, era un gesto intimo riservato ai famigliari stretti con un preciso scopo, non un gesto plateale e fine a sé stesso nei confronti di uno che è venuto a mancare e che l’impresario funebre neanche conosce.
Un gesto che dovrebbe essere così intimo e riservato, non diventa un gesto ipocrita quando viene fatto dall’impresario in ogni funerale?
Ti faccio una domanda: vorresti che l’ultima cosa che un tuo caro “vedesse” prima di essere chiuso per sempre nella bara fosse l’impresario funebre, che magari ha appena bevuto il digestivo o la grappina dopo pranzo, chinarsi e baciarlo?
I gesti hanno un significato. Sempre.
Dice appunto Paul Watzlawick nel suo primo assioma che è impossibile non comunicare; tutto ciò che facciamo (e addirittura che non facciamo) comunica.
In una cerimonia funebre bisogna stare molto attenti a quello che diciamo e che facciamo, altrimenti si rischia di diventare esagerati, ridicoli, falsi o raffazzonati.
La poesia che apre il libro “Ritualità del silenzio”, scritto dalla mia insegnante Maria Angela Gelati (con lei ho frequentato sia il corso base che il corso avanzato per diventare Cerimoniere Funebre) recita così:
La misura è lo splendore del cerimoniere.
Una volta che l’hai ottenuta
Nessuna esperienza potrà togliertela.
La delicatezza è la conoscenza del cuore, della vulnerabilità dell’altro.
È la prudenza con cui il cuore
Tratta la natura di un altro.
L’equilibrio è la luce che unisce le persone
E non dà spettacolo.
Questa poesia spiega perfettamente come noi intendiamo svolgere il nostro lavoro.
Questa è la filosofia che noi abbiamo sposato già da diversi anni, prima ancora di conoscere Maria Angela e di frequentare la sua scuola.
Noi riteniamo che il protagonista deve essere il defunto, non l’impresario con le sue stravaganze, per questo la nostra presenza è percettibile ma delicata.
Per questo le nostre cerimonie sono organizzate perché tutto vada come deve andare, con ordine e sincronia nei movimenti.
Anche se i nostri portantini indossano abiti sartoriali fatti su misura, se i dettagli sono curatissimi, se usiamo come auto solo ammiraglie, quella che noi esprimiamo è un’eleganza molto sobria.
Le persone che ci hanno scelto per essere aiutate nel momento più difficile della loro vita ci considerano esempio di professionalità, perfezione, eleganza e discrezione, senza ricorrere ad inchini, baci e guanti bianchi.
Esistono sicuramente altri modi oltre al nostro per essere perfetti in questo mestiere, ma la MISURA deve essere questa.
Fare di meno significa essere scadenti, fare di più significa esagerare.
Questi impresari funebri farebbero bene a cominciare a ragionare su come essere d’aiuto alle persone che affrontano un lutto, appoggiandole sia da un punto di vista psicologico, ad esempio creando materiali di supporto come questo DVD (clicca QUI per riceverne una copia omaggio), sia da un punto di vista organizzativo e burocratico, ad esempio creando materiali utili come la nostra GUIDA ALLE ADEMPIENZE BUROCRATICHE (clicca QUI per riceverne una copia omaggio).
Se a te va bene che l’impresario funebre faccia inchini, picchetti, baci al defunto e altre cose su cui io e le persone che studiano la morte e le sue dinamiche siamo abbastanza critici, non dico nulla.
L’importante è che tu scelga CONSAPEVOLMENTE di commemorare un tuo caro in questo modo.
Se ritieni che ciò rappresenti il modo corretto per commemorare la persona che è venuta a mancare e per alleviare il dolore ai superstiti fai bene ad affidarti a chi lavora in questo modo, ne hai tutto il diritto.
Ho scritto questo articolo con tanto di riferimenti storici, religiosi e sociali per spiegarti il significato di questi gesti e per metterti in guardia da chi li usa a sproposito.
Queste prassi vengono messe in atto sistematicamente da alcuni impresari rischiando di coglierti di sorpresa e di causare disorientamento o peggio traumi a te o ai tuoi cari in un momento assolutamente delicato come l’ultimo saluto ad una persona a cui tenevi.
Traumi che poi renderanno difficile la successiva elaborazione del lutto e che rischiano di lasciarti un terribile senso di colpa per non aver onorato nella maniera migliore un tuo caro.
Informati bene su chi scegli in un momento così delicato.
Se vuoi dirmi ciò che pensi scrivimi su andrea@ciprianileonoranze.com
A presto
Andrea
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